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Altri sensori
L'unità 1 del modulo 14 presenta una serie di sensori e i relativi circuiti di condizionamento. Questa pagina è un'integrazione a quel capitolo ed elenca altri sensori largamente utilizzati nel settore dell'automazione.
Contatti Reed
I contatti reed sono dispositivi elettromeccanici che contengono un contatto che si chiude in presenza di un campo magnetico. Si tratta di dispositivi on/off che possono essere usati come sensori magnetici, ad esempio al posto di un sensore ad effetto Hall con uscita digitale. Rispetto a questi ultimi hanno una serie di vantaggi e svantaggi:
- non necessitano di alimentazione o circuiti di condizionamento
- essendo contatti “puliti” sono molto semplici da utilizzare
- come componente sono più costosi (utilizzano materiali pregiati per i contatti) ma potrebbero essere più economici nell'utilizzo per l'assenza di circuiti di condizionamento
- possono essere più fragili (il contatto è contenuto in un ampollina di vetro)
- pur essendo estremamente affidabili hanno una durata minore dovuta al funzionamento meccanico (parti in movimento)
- sono più lenti
Pur essendo elettromeccanici i contatti reed risentono meno dei difetti tipici dei componenti con parti in movimento, infatti:
- l'ampolla che contiene i contatti contiene un gas inerte che evita fenomeni di ossidazione
- sono quasi esenti da rimbalzi perché i contatti hanno una massa molto contenuta e la forza magnetica che si sviluppa quando si chiude il contatto è piuttosto elevata
Un sensore reed può essere utilizzato come un vero e proprio contatto e, da chiuso, presenta una resistenza trascurabile, ma sono disponibili solo per correnti fino a 1A.
Alcune delle applicazioni dei contatti reed sono:
- come contatto nei relè reed miniaturizzati (integrati)
- come contatto magnetico, ad esempio negli antifurti (magnete sulla finestra e reed sull'infisso) o nelle movimentazioni
- sensore di prossimità, nelle movimentazioni di macchine automatiche
- come trasduttore, ad esempio al posto di un sensore ad effetto Hall in un ciclocomputer
Proximity capacitivi
Un sensore di prossimità rileva la presenza o meno di un oggetto davanti a se. Questo tipo di sensori sono in grado di rilevare oggetti solo entro una certa distanza (di solito molto ridotta, nell'ordine dei mm o cm al massimo). Le due tecnologie principali usate per realizzare questo tipo di sensori sfruttano fenomeni capacitivi o induttivi.
Un proximity capacitivo sfrutta fenomeni elettrostatici per rilevare la presenza di un oggetto. E' un sensore molto versatile perché l'oggetto da rilevare può essere realizzato in materiale metallico o non metallico (ferro, rame, plastica, vetro, liquidi, materiale granuloso, ecc.).
Il sensore contiene due elettrodi, uno a disco e uno ad anello, posti sulla lato sensibile, che formano un condensatore. La presenza di un oggetto davanti al sensore modifica la capacità di questo condensatore e innesca un'oscillazione generata grazie a un circuito oscillatore contenuto nel sensore. Grazie ad un Rivelatore_d'inviluppo e a un comparatore viene generato un segnale digitale che indica la presenza o meno dell'oggetto.
Questo tipo di sensori sono a tre fili, due per l'alimentazione e uno per il segnale, e sono disponibili con uscita NPN (sink) o PNP (source), per assorbire o erogare corrente dal carico (il dispositivo che utilizza il segnale). In genere sono presenti anche un LED che si attiva con l'uscita e un trimmer per regolare la sensibilità del sensore (che dipende dalla distanza e dal materiale dell'oggetto da rilevare).
Proximity induttivi
I sensori di prossimità induttivi somigliano molto a quelli capacitivi, sia nell'aspetto che nell'utilizzo, ma sfruttano fenomeni elettromagnetici per funzionare. Il sensore contiene un circuito oscillatore che genera un campo magnetico alternato emesso dal lato sensibile del proximity. Se un oggetto metallico viene posto davanti al sensore al suo interno vengono indotte delle correnti parassite che, circolando, assorbono energia dal campo magnetico riducendone l'ampiezza1). Un rivelatore di inviluppo e un comparatore segnalano questa diminuzione di ampiezza che coincide con la presenza di un oggetto. Diversamente da quelli capacitivi i proximity induttivi sono in grado di rilevare solo oggetti metallici.
Anche in questo caso il sensore prevede un collegamento a tre fili con uscita NPN o PNP.
Sensori a tre terminali
I due sensori visti fin qui sono sensori a tre fili: due portano l'alimentazione al sensore e uno va collegato al carico2), inteso come il dispositivo che utilizzerà il segnale generato dal sensore (ad esempio un PLC). Per un utilizzo corretto bisogna contenere la corrente entro quella massima erogabile dal sensore (ad esempio 100 mA) e verificare la correttezza del collegamento a seconda che l'uscita sia:
- PNP, in grado di erogare corrente (sourcing)
- NPN, in grado di assorbire corrente (sinking)
Al fine di pilotare la bobina di un teleruttore o un relè non cambia molto, basta:
- collegare in comune la massa di sensore e bobina per i PNP3)
- collegare in comune l'alimentazione Vcc di sensore e bobina per gli NPN
Per i PLC bisogna fare attenzione alle caratteristiche del loro stadio di ingresso. Ad esempio gli S7-1200 usati in laboratorio hanno gli ingressi collegati in modo da assorbire corrente (sinking, vedi immagine dagli appunti di quarta) e richiedono un sensore che eroghi corrente, quindi di tipo PNP4). Questa configurazione è la più comune - e richiede un sensore a tre terminali di tipo PNP - ma non è l'unica; inoltre gli S7-1200 possono funzionare anche erogando corrente, ma in questo caso bisogna invertire anche gli altri collegamenti (si vedano i dati tecnici nel manuale di sistema).
Altro
Naturalmente esistono tanti altri tipi di sensori utilizzati nel campo dell'automazione. Alcuni di questi sono già stati (magari solo parzialmente) trattati in altri corsi o in altri anni. Ad esempio:
- le barriere fotoelettriche, realizzate con coppie LED-fototransistor, come i sensori ottici a forcella montati sugli encoder
- i sensori a ultrasuoni, come quelli utilizzati per il parcheggio delle automobili o per misurare distanze nel corso di Scienze e Tecnologie Applicate
Le barriere fotoelettriche ad esempio sono molto utilizzate per contare o rilevare il passaggio di pezzi in movimento; quelle a ultrasuoni per misurare livelli o distanze.
Di seguito una serie di documenti di Siemens sui sensori di prossimità capacitivi e induttivi, i sensori fotoelettrici, quelli a ultrasuoni e i fine-corsa:
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