Indice
Alimentatori lineari
Continua, alternata e alimentatori
Per ragioni tecniche ed economiche l'energia elettrica viene prodotta, trasmessa e distribuita usando sistemi a tensione alternata1). L'utilizzazione dell'energia elettrica avviene sia in alternata che in continua. Gran parte degli apparecchi che possiamo ricondurre all'ambito dell'elettrotecnica - che si occupa di energia - funzionano in alternata2), ad esempio:
- lampade
- motori asincroni
- alcuni semplici elettrodomestici (asciugacapelli, tostapane, frullatore)
Gli apparecchi elettronici invece - che si occupa di segnali - funzionano in continua, o meglio, hanno bisogno di un'alimentazione in continua per elaborare e trasmettere segnali di piccola potenza che rappresentano informazioni3).
In entrambi i casi gli apparecchi hanno bisogno di un'alimentazione che fornisca loro l'energia elettrica per funzionare. In genere si presentano due situazioni:
- dove è possibile l'alimentazione avviene tramite la tensione di rete alternata presente nelle prese
- per gli apparecchi portatili o dove non è presente un impianto elettrico l'alimentazione avviene tramite batterie, cioè in continua
Una lampada può essere costruita sia per funzionare in continua (torcia, auto) che in alternata (quelle di casa) ma un apparecchio elettronico ha sempre bisogno di un alimentazione continua e non può essere direttamente alimentato dalla rete; per farlo funzionare serve un alimentatore, un apparecchio che preleva l'energia dal sistema di tensione in alternata della rete e fornisce in uscita un sistema di tensione continua del valore adatto. Tutti gli apparecchi elettronici di consumo usano un alimentatore:
- può essere incorporato nell'apparecchio (PC desktop, TV, stereo)
- o separato (“mattoncino” del PC portatile, alimentatore a parete di router e cordless)
- in alcuni casi si usa solo per breve tempo (caricabatteria di un cellulare)
Ovviamente gli alimentatori non sono tutti uguali e non sono interscambiabili: potenza erogata, tensione in uscita, efficienza, compattezza sono solo alcune delle caratteristiche che li contraddistinguono. Anche le soluzioni tecniche impiegate sono molto diverse; volendo fare una prima classificazione possiamo parlare di:
- alimentatori lineari, più semplici ma meno efficienti
- alimentatori switching (o a commutazione), più complicati ma più efficienti
Funzionamento e problematiche principali
Un alimentatore può essere scomposto in più stadi, ognuno con una determinata funzione:
- un trasformatore4) abbassa la tensione da 230V AC ad un valore vicino a quello DC richiesto in uscita
- un raddrizzatore a diodi trasforma la tensione da alternata a unidirezionale, cioè tutta positiva (la parte di onda negativa viene eliminata o “ribaltata”)
- un filtro capacitivo livella la tensione rendendola quasi costante
Gli alimentatori non stabilizzati come quello in figura comprendono solo questi primi tre stadi e producono in uscita una tensione quasi continua che però non è adatta ad alimentare la maggior parte dei componenti elettronici perché non sufficientemente stabile5). La tensione infatti varia:
- a causa del ripple, cioè l'oscillazione intorno a un valore medio, dovuta alla carica e scarica del condensatore del filtro
- al variare del carico
- al variare della tensione in ingresso all'alimentatore
- con la temperatura
- per le tolleranze dei componenti (si parla di dispersione)
Per ottenere una tensione con migliori caratteristiche è necessario un ulteriore stadio detto regolatore o stabilizzatore che compensi automaticamente le variazioni della tensione in uscita. Negli alimentatori lineari questo compito è affidato a componenti a semiconduttore che producendo una caduta di tensione variabile regolano la tensione al valore desiderato. Esistono varie tipologie di regolatori lineari; elencandoli con complessità e prestazioni crescenti:
- regolatore con diodo zener
- regolatore con zener e transistor
- regolatore con operazionale, zener e transistor
- regolatore integrato a tre terminali
Nelle applicazioni con potenze non elevate la soluzione integrata è diffusissima perché:
- ha buone prestazioni (ottima stabilità e immunità ai disturbi)
- è facile da utilizzare
- ha un costo molto basso
Tuttavia presenta dei difetti:
- la regolazione avviene in maniera poco efficiente dissipando energia
- l'energia è dissipata in calore che deve essere smaltito con un dissipatore
- la tecnologia usata non permette di realizzare alimentatori compatti e leggeri
Regolatore con diodo zener
Il regolatore più semplice in assoluto è quello mostrato in figura e sfrutta un Diodo_Zener, polarizzato inversamente, per imporre la tensione VZ al carico.
Per un corretto funzionamento occorre:
- che la corrente IZ sia sufficiente a portare lo zener in piena conduzione, cioè nel tratto verticale oltre il ginocchio dove la tensione è quasi costante (vedi figura sotto)
- limitare la corrente IZ con la resistenza R in modo da non superare la potenza massima sopportabile dallo zener
Queste due condizioni si soddisfano scegliendo il valore di R considerando:
- il valore massimo e minimo della tensione in ingresso vi
- il valore massimo e minimo della corrente erogata al carico IL
I difetti principali di questo tipo di regolatore sono:
- la stabilità non elevata, dovuta alla resistenza differenziale dello zener6) e alla dipendenza di VZ dalla temperatura
- è adatto solo per carichi che assorbono correnti comparabili con quelle che circolano nello zener7)
Per un esempio con il dimensionamento del circuito si veda l'esempio 5 del paragrafo 5 sezione 11A del testo di elettronica, che mette in evidenza anche il limiti di questa soluzione8).
Regolatore con zener e transistor
Il regolatore in figura9) impiega un transistor BJT insieme al diodo zener10).
Questo circuito ha un comportamento migliore di quello col solo diodo; in particolare:
- permette di erogare al carico correnti elevate mantenendo bassa e quasi costante la corrente sullo zener
- la tensione in uscita è più stabile perché:
- il transistor compensa automaticamente le variazioni di `v_O` dovute al carico o alla tensione in ingresso
- lo zener lavora a temperatura quasi costante
Per una comprensione completa del circuito è necessario conoscere il funzionamento dei transistor BJT; in questa sede limitiamoci a dire che:
- il BJT è un componente a semiconduttore con tre terminali chiamati base, emettitore e collettore (indicati con le sigle B, E e C)
- tra la base e l'emettitore c'è una tensione quasi costante `V_(BE) = 0,7 V` (vedi la curva caratteristica nella figura sotto)
- le tre correnti del transistor sono legate dalla relazione `I_E = I_C + I_B ~= I_C`
- la corrente di collettore dipende da quella della base secondo la relazione `I_C=h_(FE) I_B` dove `h_(FE)` è il guadagno di corrente ed è un valore costante e tipico del transistor (ad esempio 100)11)
Osservando il circuito notiamo che:
- la tensione in uscita vale `V_O = V_Z - V_(BE)`
- la corrente che va al carico scorre dal collettore all'emettitore ed è regolata da quella (molto più piccola) che scorre nella base
- la `V_Z` è quasi costante perché la corrente sullo zener è quasi costante (le variazioni della corrente sul carico si ripercuotono sullo zener attraverso la `I_B` ma ridotte di un fattore `h_(FE)`)
- il transistor funziona in modo lineare e ai suoi capi cade una tensione VCE pari alla differenza tra Vi e Vo; si ha dunque una significativa dissipazione di potenza sul BJT, che è attraversato dalla corrente che va al carico e ha una tensione VCE non nulla, che non deve superare quella massima consentita
Per comprendere come funziona la regolazione basta considerare che il valore di `V_O` dipende da due grandezze quasi costanti; inoltre il circuito presenta una retroazione negativa in grado di correggere automaticamente il valore della tensione in uscita. Immaginiamo ad esempio che `V_O` aumenti; la tensione `V_(BE)` - supposta `V_Z` costante - tenderà a diminuire e con essa la corrente `I_B`; la corrente del collettore `I_C` calerà per effetto del calo di `I_B` e con lei la tensione in uscita `V_O= R_L I_C`, compensando l'aumento iniziale.
Per dimensionare la R si usa la formula:
`R=(V_(i_(min))-V_Z)/(I_Z + I_(Oma\x)/h_(FE))`
dove si considera la tensione minima in ingresso, la `V_Z` e la corrente che si desidera circoli nello zener, il guadagno del transistor e la corrente massima al carico.
Regolatori integrati a tre terminali
I regolatori integrati sono i più utilizzati nelle applicazioni di piccola potenza perché hanno ottime prestazioni, sono affidabili e molto economici. Sono anche molto semplici da utilizzare, infatti:
- hanno solo tre terminali (Vin, Vout e GND)
- si montano direttamente sulla scheda da alimentare
- richiedono pochissimi componenti esterni
- sono facili da montare e sostituire (il package ha dimensioni “ragionevoli” e permette di utilizzare un dissipatore)
- sono protetti termicamente, contro il cortocircuito e per funzionare entro la Safe Operating Area
I due integrati a tre terminali più comuni sono:
Si utilizzano collegando la tensione non stabilizzata tra il terminale Vin e GND e prelevando la tensione regolata tra Vout e GND. Di solito12) si mettono due condensatori di bypass, uno in ingresso e uno in uscita, come nello schema seguente:
Il condensatore C1 serve a filtrare i disturbi se l'alimentazione è distante (non sostituisce il condensatore del raddrizzatore!) mentre C2 migliora la stabilità e la velocità di risposta in uscita. Nei datasheet degli integrati sono elencate tutte le caratteristiche dei vari regolatori13); le più importanti sono:
- tensione massima in ingresso
- tolleranza nella regolazione (ad esempio 5% del valore nominale)
- tensione di dropout
- corrente massima
- corrente a vuoto
La tensione di dropout è particolarmente importante: indica la minima differenza tra la tensione di ingresso e di uscita perché il regolatore funzioni correttamente14). Negli integrati della serie 78xx la tensione di dropout vale 2,5 Volt quindi servono almeno 7,5V in ingresso per ottenere 5V stabilizzati in uscita15).
Per un corretto utilizzo di questi regolatori è importante valutare la potenza dissipata (prodotto tra la caduta di tensione sul regolatore e corrente al carico) per stabilire se, nelle condizioni di impiego previste, è necessario montare un dissipatore.
Per capire come funzionano questo tipo di regolatori consideriamo lo schema semplificato in figura.
Il circuito si comporta come un generatore di corrente comandato in tensione che, regolando la corrente su `R_L`, impone una tensione costante al carico. Il controllo sfrutta la retroazione (feedback): la tensione in uscita viene misurata e confrontata con una tensione di riferimento costante (la VZ) e la differenza tra le due viene usata per regolare la corrente al carico. Nel circuito si riconoscono:
- il blocco di confronto con:
- la tensione di riferimento prodotta da uno zener che lavora a corrente quasi costante
- il partitore con `R_1` e `R_2` che preleva una quota della tensione in uscita
- l'operazionale (l'integrato di forma triangolare) che effettua il confronto tra le due tensioni e si comporta da amplificatore di errore (un circuito che amplifica la differenza tra due segnali)
- l'elemento regolatore, cioè il transistor BJT che, pilotato dalla corrente di uscita dell'operazionale, regola la corrente al carico
Risorse
- dal testo di elettronica: paragrafo 4 sezione 11A (regolatore con diodi zener)
- dal testo di elettronica: sezione 14A (alimentatori lineari)
- dai contenuti digitali del testo di elettronica: scheda integrativa 14A1 (regolatore con zener e BJT)
- dai documenti tecnici della Texas Instruments una guida molto dettagliata sugli alimentatori linerari
- dal sito TDK una introduzione agli alimentatori con semplici spiegazioni illustrate
- dal canale Youtube EEVblog un video su tre soluzioni per ottenere una alimentazione duale (+Vcc/-Vcc) da una singola (ad es. una batteria)
- una pagina di un sito con illustrazioni che spiegano il funzionamento di un alimentatore duale non stabilizzato con trasformatore a presa centrale e ponte a diodi
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