Indice
1B - Componenti e circuiti elettrici
1 Componenti e circuiti
Qualche definizione sui componenti:
- un bipolo è un componente con due morsetti di collegamento1)
- un componente è:
- discreto se non è scomponibile in parti più semplici e svolge una sola funzione elementare (ad esempio un resistore, un condensatore, un transistor)
- integrato (o circuito integrato o IC) se contiene un intero circuito miniaturizzato e svolge funzioni complesse (ad esempio la CPU di un PC)2)
- passivo se non è in grado di aggiungere energia elettrica al circuito (ad esempio un resistore o un condensatore)
- attivo se può erogare energia elettrica al circuito (ad esempio un generatore ma anche un transistor che, con la sua alimentazione, può modulare l'energia erogata a un circuito)
La caratteristica (o curva caratteristica o caratteristica di trasferimento) di un componente è la relazione che lega la grandezza in ingresso e quella in uscita del componente descrivendone il comportamento. La relazione può essere espressa sia analiticamente che graficamente. Se la caratteristica è una retta (corrispondente quindi ad una relazione matematica lineare o proporzionale) il componente è detto lineare, in caso contrario non-lineare.
Un circuito elettrico (o rete elettrica) è un insieme di componenti collegati tra loro. Uno schema elettrico è una rappresentazione semplificata di un circuito che mostra solo quali componenti sono presenti nel circuito e come sono collegati tra loro, in particolare:
- ogni componente è rappresentato con un simbolo grafico e una sigla che rappresenta la sua grandezza principale
- i collegamenti tra componenti sono rappresentati da linee
Nei circuiti elettrici chiamiamo:
- punto elettrico un insieme di punti equipotenziali, cioè collegati con resistenza zero (una linea negli schemi elettrici)
- nodo un punto elettrico collegato ad almeno tre componenti
- ramo un percorso del circuito che collega due nodi (senza passare per altri nodi)
- maglia un percorso chiuso nel circuito
Queste definizioni sono particolarmente importanti nello studio dei circuiti perché:
- i punti elettrici, indicati con delle lettere maiuscole, servono a dare un nome alle tensioni e a individuare i collegamenti tra componenti
- nei nodi si diramano le correnti
- circolano tante correnti quanti sono i rami del circuito
- nelle maglie e nei nodi si applicano due leggi utili alla soluzione dei circuiti (i principi di Kirchhoff)
In un circuito è possibile che dei componenti siano collegati3):
- in serie, se attraversati dalla stessa corrente (sono sullo stesso ramo)
- in parallelo, se sottoposti alla stessa tensione (sono collegati tra gli stessi due punti)
2 La resistenza, il resistore e la legge di Ohm
Un conduttore si intende un componente che può essere attraversato da corrente4); ciò avviene quando il conduttore è sottoposto a tensione. La caratteristica principale di un conduttore è la sua resistenza, una costante che quantifica quanto il conduttore si oppone al passaggio di corrente definita come il rapporto tra la tensione applicata a un conduttore e la corrente che lo attraversa. Con una formula:
`R=V/I [Ω]`
dove R è il simbolo della resistenza e Ω quello della sua unità di misura, l'Ohm. La formula sopra è nota come legge di Ohm, ed è probabilmente la formula più importante dell'elettronica. Più spesso viene scritta così:
`V=R*I`
e afferma che in un conduttore di resistenza R la tensione e la corrente sono proporzionali (R infatti è costante). Rappresentando la stessa relazione in forma grafica si ottiene la caratteristica di fig. 3. La retta - che contiene tutti i possibili punti di funzionamento per un conduttore con una data resistenza - mostra il legame lineare tra le due grandezze tensione e corrente. L'inclinazione della retta invece è legata al valore della resistenza (fig. 4).
A seconda del conduttore la resistenza può avere valori molto diversi; ad esempio:
- un cortocircuito è un conduttore con resistenza zero (o meglio trascurabile rispetto a quella degli altri componenti)
- i conduttori che collegano i componenti di un circuito (cavo di alimentazione, pista di un circuito stampato, ecc.) hanno una resistenza di pochi Ohm
- i resistori, componenti costruiti per avere un valore noto e prefissato di resistenza, possono avere valori grandissimi o piccolissimi
- gli interruttori aperti hanno resistenza infinita (infatti non permettono il passaggio di corrente)
Qualche osservazione:
- spesso chiameremo “resistenza” il componente (ad esempio con “una resistenza da 20 Ω” intendiamo un resistore la cui resistenza vale 20 Ω)
- nei cortocircuiti tensione e corrente non sono proporzionali e la tensione vale sempre zero qualunque sia il valore della corrente (basta applicare la legge di Ohm con R = 0)
- due punti collegati con un cortocircuito si dicono cortocircuitati; i due punti sono anche detti equipotenziali perché la tensione tra loro vale zero; due punti cortocircuitati sono lo stesso punto elettrico
- in un interruttore (o circuito aperto) corrente e tensione non sono proporzionali (la corrente vale sempre zero)
Negli schemi elettrici per la resistenza si usa uno dei due simboli di fig. 5. Osserviamo che i versi di tensione e corrente - indicati dalle due frecce - sono opposti. Questo avviene perché la resistenza è un componente passivo (che può solo assorbire energia) e vale questa regola generale:
- nei componenti che erogano energia - tipicamente i generatori - la corrente esce dal + (oppure il + è dove esce la corrente)
- nei componenti che assorbono energia - ad esempio le resistenze - la corrente entra dal + (oppure il + è dove entra la corrente)
La resistenza di conduttore dipende dalla sezione e dalla lunghezza del conduttore ma anche dal materiale utilizzato, in particolare dalla sua resistività ρ. Questo parametro mi dice se un materiale è conduttore o isolante cioè se offre poca resistenza al passaggio di corrente o se ne impedisce il passaggio. Sono buoni conduttori il rame, l'alluminio, l'oro, l'argento (vedi Tabella 1); sono buoni isolanti le materie plastiche, il vetro, la porcellana.
E' possibile calcolare la resistenza di un conduttore in filo con la formula:
`R = (rho l)/S`
dove ρ è la resistività del materiale (espressa in [Ωm]), l
la lunghezza e S
la sezione. La resistività però dipende dalla temperatura secondo la formula:
`rho_(T_(2)) = rho_(T_(1))(1+ alpha (T_2 - T_1))`
dove T1 e T2 sono due temperature5) e α è il coefficiente di temperatura del materiale, espresso in [°C-1], che quantifica la dipendenza della resistività dalla temperatura. Considerando l'ultima formula si può concludere che anche la resistenza dipenderà dalla temperatura; vale infatti:
`R_(2) = R_(1)(1+ alpha (T_2 - T_1))`
Extra
- definizione di conduttanza come inverso della resistenza: `G=1/R [S]` (
G
simbolo della conduttanza misurata in Siemens) - definizione di conducibilità come inverso della resistività: γ=1/ρ
3 La legge di Joule e la potenza elettrica
Quando una corrente attraversa un conduttore viene dissipata della potenza elettrica in calore. Il fenomeno è chiamato effetto Joule e la potenza dissipata si calcola così:
`P=RI^2 [W]` oppure `P=V^2/R [W]`
dove P è la potenza e W il simbolo del Watt, la sua unità di misura. La formula appena vista permette di calcolare la potenza elettrica assorbita e trasformata in calore dai conduttori ed è valida solo per i conduttori. Più in generale la potenza elettrica di un componente in continua si calcola con:
`P=VI [W]`
ovvero prodotto della tensione ai capi del componente per la corrente che lo attraversa. Questa formula vale per qualunque componente (anche per le resistenze)6).
4 Forme costruttive dei resistori
Vedi resistori
5 Il generatore elettrico nel circuito
Si osservino i due simboli usati per il generatore in fig. 8, il primo più generico, io secondo usato per generatori in continua o batterie.
a tensione di un generatore di tensione è anche detta forza elettromotrice (fem) e a volte è indicata con la lettera E
.
6 Circuiti serie
In fig. 9 si osservi:
- il simbolo della massa in fig. 9a (la definizione è già stata data qui)
- i due modi diversi di rappresentare lo stesso circuito: in fig. 9b il generatore è indicato esplicitamente; in fig. 9a il generatore non è rappresentato ma è indicata la tensione nel punto
A
riferito a massa generata da esso
Il circuito mostra due resistenze collegate in serie. Se sommiamo le tensioni ai capi delle due resistenze otteniamo la tensione del generatore e vale:
`V=V_(R_1)+V_(R_2)=R_1 I + R_2 I=(R_1 + R_2)I`
dove `V_(R_1)` è la tensione VAB ai capi della resistenza R1. Allora le due resistenze si comportano come un'unica resistenza di valore R1+R2.
Generalizzando possiamo dire che due o più resistenze collegate in serie possone essere sostituite da un'unica resistenza equivalente Req il cui valore è la somma delle singole reisistenze:
`R_(eq)=R_1 + R_2 + R_3 + ...`
Qualche osservazione:
- la resistenza equivalente non è una vera resistenza, ma un componente fittizio che, sostituito alle varie resistenze, non altera il funzionamento del circuito (si comporta allo stesso modo)
- le tensioni si possono sommare: la tensione tra il punto A e C può essere ottenuta come somma delle tensioni tra A e B e tra B e C (energia per spostare 1 C da A a B e poi a C)
- la tensione ai capi di una resistenza viene detta anche caduta di tensione (cdt)
Partitore di tensione
Due o più resistenze in serie costituiscono un partitore di tensione e la tensione applicata all'intero partitore si suddivide tra le singole resistenze in maniera proporzionale: ai capi della resistenza più piccola la tensione sarà piccola e così via. Questo accade perché la corrente che attraversa le varie resistenze è la stessa e la tensione, calcolabile con la legge di Ohm, è proporzionale al valore della singola resistenza. Vale:
`I=V/(R_1 + R_2 + R_3 + ...)`
`V_(R_1)=R_1 I quad V_(R_1)=R_1 I` …
In questo caso è possibile ottenere il valore ai capi della singola resistenza con la formula:
`V_(R_x)=(R_x V)/(R_1 + R_2 + R_3 + ...)`
7 Le grandezze elettriche in un circuito e gli strumenti per misurarle
Prendendo spunto dal circuito di figura 16, osserviamo:
- che le potenze si possono sommare; in particolare la potenza erogata dal generatore è uguale alla somma delle potenze assorbite da tutti gli utilizzatori (resistenze in questo caso)
- se si vuole misurare una grandezza elettrica occorre inserire uno strumento di misura nel circuito7) modificando il circuito stesso
- gli amperometri - che misurano la corrente - si inseriscono in serie al componente attraversato dalla corrente che interessa misurare
- i voltmetri - che misurano la tensione - si inseriscono in parallelo, cioè tra i due punti ai capi dei quali interessa misurare la tensione
- per non modificare il comportamento del circuito un buon amperometro deve avere resistenza interna molto bassa, un voltmetro resistenza molto alta
- la potenza può essere misurata in maniera indiretta misurando tensione e corrente e applicando la formula P = VI
8 La legge di Ohm in un circuito chiuso
In un circuito senza nodi la sola corrente che circola si può calcolare sfruttando la relazione:
`Sigma V = I Sigma R`
dove a il termine a sinistra è la somma algebrica8) delle tensioni dei generatori di tensione, considerate positive se concordi con la corrente e negative se opposte, e il termine a destra è il prodotta tra la corrente e la somma delle resistenze del circuito.
Osserviamo che:
- in presenza di più generatori con verso discorde il segno della corrente può essere stabilito valutando la somma tensioni nei due versi
- la formula sopra esposta, detta anche legge di Ohm in un circuito chiuso, è un caso particolare di una legge particolare che vedremo più avanti, il secondo principio di Kirchhoff
9 Il potenziometro e il trimmer
Un reostato è un componente a due terminali con resistenza regolabile (simbolo in figura 19c).
Un potenziometro è un componente a tre terminali (figura 19a) che presenta una resistenza fissa tra i due morsetti più esterni (indicati con 1
e 3
) e un morsetto (2
) facente capo ad un contatto mobile che può essere spostato ruotando una manopola o spostando un cursore (figura 20a e 20b)9). A seconda della posizione assunta dal contatto mobile la resistenza del potenziometro viene suddivisa in due parti permettendo:
- di ottenere due valori di resistenza regolabili a piacere tra 0 Ohm e la resistenza totale del resistore
- di regolare la tensione applicata tra i due morsetti fissi sfruttando il partitore di tensione che si viene a creare tra i due valori di resistenza
Un trimmer è un potenziometro che si regola agendo su una vite e viene usato per tarare un circuito (figura 20c e 20d).
Extra
- non solo teoria 2 (scelta portata)
- scheda integrativa 1B.2 (influenza del carico sulla tensione in uscita del potenziometro)
10 Circuiti parallelo
Due o più resistenze sono in parallelo se sono sottoposte alla stessa tensione (quindi collegate agli stessi due punti elettrici). Più resistenze in parallelo si comportano come un'unica resistenza equivalente calcolabile con:
`R_(eq)= 1/(1/R_1 + 1/R_2 + 1/R_3 + ...)`
Con due sole resistenze la formula diventa:
`R_(eq)= (R_1 R_2)/(R_1 + R_2) `
Osserviamo che:
- come per il collegamento in serie, tra due punti, si può immaginare di sostituire un gruppo di resistenze in parallelo con un'unica resistenza equivalente, semplificando il circuito
- la resistenza equivalente è sempre più piccola della più piccola delle due
- se tra due resistenze una è molto più grande dell'altra il valore della resistenza equivalente coincide quasi con quello della resistenza più piccola
Due resistenze un parallelo costituiscono un partitore di corrente. In questo caso la corrente, che si divide tra le due resistenze in maniera inversamente proporzionale al valore della resistenza, può essere calcolata con:
`I_(R_1) = R_2/(R_1 + R_2) I`
11 Dualità
Scambiando la resistenza con la conduttanza nei collegamenti in serie e in parallelo si ottengono le stesse formule.
12 Risoluzione delle reti elementari
Se tra due punti di un circuito sono presenti solo resistenze è possibile calcolare una resistenza equivalente tra i due punti individuando resistenze in serie o in parallelo e semplificando ripetutamente il circuito. Questo procedimento è sempre applicabile purché, nella parte di circuito interessata siano presenti solo resistenze10).
Nello studio dei circuiti elettrici si pongono due tipi di problemi:
- analisi del circuito, dove dati i valori di tutti i componenti presenti, si vogliono calcolare tutte le correnti e le tensioni
- progetto del circuito, dove si conoscono i valori di alcuni componenti e si vuole imporre un valore di corrente o di tensione
L'analisi di un circuito dove è presente un solo generatore si può fare in maniera molto semplice:
- si semplificano tutte le resistenze fino ad ottenere un'unica resistenza equivalente collegata all'unico generatore
- si calcola la corrente del generatore applicando la legge di Ohm alla resistenza equivalente
- si calcolano le correnti restanti utilizzando la legge di Ohm (o altro) nei circuiti disegnati ogni volta che si è sostituita una resistenza equivalente a un gruppo di resistenze in serie o parallelo
13 Generatori elettrici di tensione e di corrente
I generatori di tensione e corrente, così come li abbiamo definiti finora, sono generatori ideali infatti:
- un generatore ideale di tensione presenta ai suoi morsetti la stessa tensione qualunque sia la corrente che lo attraversa
- un generatore ideale di corrente è attraversato dalla stessa corrente qualunque sia la tensione ai suoi capi
In pratica questo non avviene mai; quando un utilizzatore (un componente che assorbe energia) è collegato al generatore la tensione (la corrente nel caso dei generatori di corrente) cala. I generatori ideali “non funzionano” nemmeno in teoria, si considerino questi due casi:
- generatore di tensione cortocircuitato: la tensione è quella dal generatore o vale zero come impone il cortocircuito?
- generatore di corrente a vuoto (senza carico collegato): la corrente è quella del generatore o vale zero perché il circuito è aperto?
Il modello corretto per i due generatori deve comprendere una resistenza interna Ri:
- nel generatore reale di tensione la Ri è posta in serie al generatore ideale
- nel generatore reale di corrente la Ri è posta in parallelo al generatore ideale
Questo produce le caratteristiche di figura 3111) e 34 . Nel generatore reale di tensione EV0
(E
nel testo) è la tensione a vuoto (senza carico) e il valore di tensione VAB cala all'aumentare della corrente fornita al carico. Nel generatore reale di corrente ICC
(A
nel testo) è la corrente che circola quando il generatore è cortocircuitato e il valore della corrente cala all'aumentare della tensione VAB ai capi del carico.
Analiticamente le due caratteristiche sono espresse dalle formule:
`V_(AB)= E_0 - R_i I`
e
`I = I_(\C\C) - V_(AB)/R_i`
Due ultime osservazioni importanti:
- un generatore di tensione (reale o no) non deve mai essere cortocircuitato (nel generatore reale tutta l'energia erogata viene dissipata nella Ri all'interno del generatore distruggendolo)
- un generatore di corrente non deve lavorare a vuoto (tutta l'energia erogata viene dissipata nella Ri all'interno del generatore distruggendolo)
- osservando le due caratteristiche in figura 31 e 34 si deduce che i due generatori sono equivalenti; è possibile sostituire ad un generatore reale di tensione uno reale di corrente (e viceversa) usando la formula `E_0 = R_i I_(\C\C)`
14 Le condizioni di massimo trasferimento tra generatore e utilizzatore
Consideriamo il circuito in figura 36 che mostra un generatore reale di tensione (E
e Ri
) collegato ad un carico RL
. Il generatore fornisce energia al carico ma solo una parte della potenza erogata arriva al carico; vale:
`P_G = P_L + P_D`
dove PG
è la potenza erogata dal generatore, PL
quella assorbita dal carico e PD
quella dissipata nella resistenza interna del generatore. Le tre potenze si possono calcolare:
`P_G = E I , quad , P_L = V_(AB)I , quad , P_D = R_i*I^2`
Si definisce rendimento il rapporto tra la potenza generata e quella utilizzata. Con una formula:
`eta = P_L/P_G = P_L/(P_L + P_D)`
dove η
è il rendimento, che è una grandezza adimensionale sempre minore di uno12). Maggiore è il rendimento e maggiore è l'efficienza del circuito (meno energia sprecata o miglior utilizzo dell'energia elettrica).
Variando il valore di RL
le tre potenze cambiano, così come il rendimento. Se si desidera ottenere il massimo trasferimento di energia tra generatore e carico si può studiare come cambia la potenza al variare di RL
. La figura 36a ci mostra come la potenza raggiunga un valore massimo quando il carico è pari alla resistenza interna del generatore. In queste condizioni il rendimento è del 50%, cioè metà della potenza generata viene dissipata. Riassumendo, per avere il massimo trasferimento di energia al carico deve essere:
`R_L = R_i`
in queste condizioni:
`V_(AB)=E_0 /2 , quad , I=I_(\C\C)/2=E_0/(2 R_i)`
il rendimento vale:
`eta = 0,5 ( = 50%)`
e la potenza al carico:
`P_L = E^2/(4R_i) = P_D`
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