Qualche definizione sui componenti:
La caratteristica (o curva caratteristica o caratteristica di trasferimento) di un componente è la relazione che lega la grandezza in ingresso e quella in uscita del componente descrivendone il comportamento. La relazione può essere espressa sia analiticamente che graficamente. Se la caratteristica è una retta (corrispondente quindi ad una relazione matematica lineare o proporzionale) il componente è detto lineare, in caso contrario non-lineare.
Un circuito elettrico (o rete elettrica) è un insieme di componenti collegati tra loro. Uno schema elettrico è una rappresentazione semplificata di un circuito che mostra solo quali componenti sono presenti nel circuito e come sono collegati tra loro, in particolare:
Nei circuiti elettrici chiamiamo:
Queste definizioni sono particolarmente importanti nello studio dei circuiti perché:
In un circuito è possibile che dei componenti siano collegati3):
Un conduttore si intende un componente che può essere attraversato da corrente4); ciò avviene quando il conduttore è sottoposto a tensione. La caratteristica principale di un conduttore è la sua resistenza, una costante che quantifica quanto il conduttore si oppone al passaggio di corrente definita come il rapporto tra la tensione applicata a un conduttore e la corrente che lo attraversa. Con una formula:
`R=V/I [Ω]`
dove R è il simbolo della resistenza e Ω quello della sua unità di misura, l'Ohm. La formula sopra è nota come legge di Ohm, ed è probabilmente la formula più importante dell'elettronica. Più spesso viene scritta così:
`V=R*I`
e afferma che in un conduttore di resistenza R la tensione e la corrente sono proporzionali (R infatti è costante). Rappresentando la stessa relazione in forma grafica si ottiene la caratteristica di fig. 3. La retta - che contiene tutti i possibili punti di funzionamento per un conduttore con una data resistenza - mostra il legame lineare tra le due grandezze tensione e corrente. L'inclinazione della retta invece è legata al valore della resistenza (fig. 4).
A seconda del conduttore la resistenza può avere valori molto diversi; ad esempio:
Qualche osservazione:
Negli schemi elettrici per la resistenza si usa uno dei due simboli di fig. 5. Osserviamo che i versi di tensione e corrente - indicati dalle due frecce - sono opposti. Questo avviene perché la resistenza è un componente passivo (che può solo assorbire energia) e vale questa regola generale:
La resistenza di conduttore dipende dalla sezione e dalla lunghezza del conduttore ma anche dal materiale utilizzato, in particolare dalla sua resistività ρ. Questo parametro mi dice se un materiale è conduttore o isolante cioè se offre poca resistenza al passaggio di corrente o se ne impedisce il passaggio. Sono buoni conduttori il rame, l'alluminio, l'oro, l'argento (vedi Tabella 1); sono buoni isolanti le materie plastiche, il vetro, la porcellana.
E' possibile calcolare la resistenza di un conduttore in filo con la formula:
`R = (rho l)/S`
dove ρ è la resistività del materiale (espressa in [Ωm]), l
la lunghezza e S
la sezione. La resistività però dipende dalla temperatura secondo la formula:
`rho_(T_(2)) = rho_(T_(1))(1+ alpha (T_2 - T_1))`
dove T1 e T2 sono due temperature5) e α è il coefficiente di temperatura del materiale, espresso in [°C-1], che quantifica la dipendenza della resistività dalla temperatura. Considerando l'ultima formula si può concludere che anche la resistenza dipenderà dalla temperatura; vale infatti:
`R_(2) = R_(1)(1+ alpha (T_2 - T_1))`
G
simbolo della conduttanza misurata in Siemens)Quando una corrente attraversa un conduttore viene dissipata della potenza elettrica in calore. Il fenomeno è chiamato effetto Joule e la potenza dissipata si calcola così:
`P=RI^2 [W]` oppure `P=V^2/R [W]`
dove P è la potenza e W il simbolo del Watt, la sua unità di misura. La formula appena vista permette di calcolare la potenza elettrica assorbita e trasformata in calore dai conduttori ed è valida solo per i conduttori. Più in generale la potenza elettrica di un componente in continua si calcola con:
`P=VI [W]`
ovvero prodotto della tensione ai capi del componente per la corrente che lo attraversa. Questa formula vale per qualunque componente (anche per le resistenze)6).
Vedi resistori
Si osservino i due simboli usati per il generatore in fig. 8, il primo più generico, io secondo usato per generatori in continua o batterie.
a tensione di un generatore di tensione è anche detta forza elettromotrice (fem) e a volte è indicata con la lettera E
.
In fig. 9 si osservi:
A
riferito a massa generata da essoIl circuito mostra due resistenze collegate in serie. Se sommiamo le tensioni ai capi delle due resistenze otteniamo la tensione del generatore e vale:
`V=V_(R_1)+V_(R_2)=R_1 I + R_2 I=(R_1 + R_2)I`
dove `V_(R_1)` è la tensione VAB ai capi della resistenza R1. Allora le due resistenze si comportano come un'unica resistenza di valore R1+R2.
Generalizzando possiamo dire che due o più resistenze collegate in serie possone essere sostituite da un'unica resistenza equivalente Req il cui valore è la somma delle singole reisistenze:
`R_(eq)=R_1 + R_2 + R_3 + ...`
Qualche osservazione:
Due o più resistenze in serie costituiscono un partitore di tensione e la tensione applicata all'intero partitore si suddivide tra le singole resistenze in maniera proporzionale: ai capi della resistenza più piccola la tensione sarà piccola e così via. Questo accade perché la corrente che attraversa le varie resistenze è la stessa e la tensione, calcolabile con la legge di Ohm, è proporzionale al valore della singola resistenza. Vale:
`I=V/(R_1 + R_2 + R_3 + ...)`
`V_(R_1)=R_1 I quad V_(R_1)=R_1 I` …
In questo caso è possibile ottenere il valore ai capi della singola resistenza con la formula:
`V_(R_x)=(R_x V)/(R_1 + R_2 + R_3 + ...)`
Prendendo spunto dal circuito di figura 16, osserviamo:
In un circuito senza nodi la sola corrente che circola si può calcolare sfruttando la relazione:
`Sigma V = I Sigma R`
dove a il termine a sinistra è la somma algebrica8) delle tensioni dei generatori di tensione, considerate positive se concordi con la corrente e negative se opposte, e il termine a destra è il prodotta tra la corrente e la somma delle resistenze del circuito.
Osserviamo che:
Un reostato è un componente a due terminali con resistenza regolabile (simbolo in figura 19c).
Un potenziometro è un componente a tre terminali (figura 19a) che presenta una resistenza fissa tra i due morsetti più esterni (indicati con 1
e 3
) e un morsetto (2
) facente capo ad un contatto mobile che può essere spostato ruotando una manopola o spostando un cursore (figura 20a e 20b)9). A seconda della posizione assunta dal contatto mobile la resistenza del potenziometro viene suddivisa in due parti permettendo:
Un trimmer è un potenziometro che si regola agendo su una vite e viene usato per tarare un circuito (figura 20c e 20d).
Due o più resistenze sono in parallelo se sono sottoposte alla stessa tensione (quindi collegate agli stessi due punti elettrici). Più resistenze in parallelo si comportano come un'unica resistenza equivalente calcolabile con:
`R_(eq)= 1/(1/R_1 + 1/R_2 + 1/R_3 + ...)`
Con due sole resistenze la formula diventa:
`R_(eq)= (R_1 R_2)/(R_1 + R_2) `
Osserviamo che:
Due resistenze un parallelo costituiscono un partitore di corrente. In questo caso la corrente, che si divide tra le due resistenze in maniera inversamente proporzionale al valore della resistenza, può essere calcolata con:
`I_(R_1) = R_2/(R_1 + R_2) I`
Scambiando la resistenza con la conduttanza nei collegamenti in serie e in parallelo si ottengono le stesse formule.
Se tra due punti di un circuito sono presenti solo resistenze è possibile calcolare una resistenza equivalente tra i due punti individuando resistenze in serie o in parallelo e semplificando ripetutamente il circuito. Questo procedimento è sempre applicabile purché, nella parte di circuito interessata siano presenti solo resistenze10).
Nello studio dei circuiti elettrici si pongono due tipi di problemi:
L'analisi di un circuito dove è presente un solo generatore si può fare in maniera molto semplice:
I generatori di tensione e corrente, così come li abbiamo definiti finora, sono generatori ideali infatti:
In pratica questo non avviene mai; quando un utilizzatore (un componente che assorbe energia) è collegato al generatore la tensione (la corrente nel caso dei generatori di corrente) cala. I generatori ideali “non funzionano” nemmeno in teoria, si considerino questi due casi:
Il modello corretto per i due generatori deve comprendere una resistenza interna Ri:
Questo produce le caratteristiche di figura 3111) e 34 . Nel generatore reale di tensione EV0
(E
nel testo) è la tensione a vuoto (senza carico) e il valore di tensione VAB cala all'aumentare della corrente fornita al carico. Nel generatore reale di corrente ICC
(A
nel testo) è la corrente che circola quando il generatore è cortocircuitato e il valore della corrente cala all'aumentare della tensione VAB ai capi del carico.
Analiticamente le due caratteristiche sono espresse dalle formule:
`V_(AB)= E_0 - R_i I`
e
`I = I_(\C\C) - V_(AB)/R_i`
Due ultime osservazioni importanti:
Consideriamo il circuito in figura 36 che mostra un generatore reale di tensione (E
e Ri
) collegato ad un carico RL
. Il generatore fornisce energia al carico ma solo una parte della potenza erogata arriva al carico; vale:
`P_G = P_L + P_D`
dove PG
è la potenza erogata dal generatore, PL
quella assorbita dal carico e PD
quella dissipata nella resistenza interna del generatore. Le tre potenze si possono calcolare:
`P_G = E I , quad , P_L = V_(AB)I , quad , P_D = R_i*I^2`
Si definisce rendimento il rapporto tra la potenza generata e quella utilizzata. Con una formula:
`eta = P_L/P_G = P_L/(P_L + P_D)`
dove η
è il rendimento, che è una grandezza adimensionale sempre minore di uno12). Maggiore è il rendimento e maggiore è l'efficienza del circuito (meno energia sprecata o miglior utilizzo dell'energia elettrica).
Variando il valore di RL
le tre potenze cambiano, così come il rendimento. Se si desidera ottenere il massimo trasferimento di energia tra generatore e carico si può studiare come cambia la potenza al variare di RL
. La figura 36a ci mostra come la potenza raggiunga un valore massimo quando il carico è pari alla resistenza interna del generatore. In queste condizioni il rendimento è del 50%, cioè metà della potenza generata viene dissipata. Riassumendo, per avere il massimo trasferimento di energia al carico deve essere:
`R_L = R_i`
in queste condizioni:
`V_(AB)=E_0 /2 , quad , I=I_(\C\C)/2=E_0/(2 R_i)`
il rendimento vale:
`eta = 0,5 ( = 50%)`
e la potenza al carico:
`P_L = E^2/(4R_i) = P_D`
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